venerdì 11 settembre 2009

Perché i vivi non ricordano

Prendo in prestito un verso di uno splendido brano di Daniele Sepe per ricordare che oggi, 11 settembre, non è l'anniversario solo dell'attacco terroristico alle Twin Towers del 2001, ma anche del golpe in Cile del 1973. Un golpe terribile e sanguinoso, perpetrato dal generale Augusto Pinochet (con l'appoggio degli Stati Uniti) per rovesciare il governo democratico (ma filocomunista) di Salvador Allende. In quel giorno nefasto, prima di suidicarsi, Allende tenne un discorso che venne trasmesso dai microfoni di Radio Magallanes. Un discorso con una carica e una valenza politica oggi ancora intatte.



Pagherò con la mia vita la difesa dei princìpi che sono cari a questa Patria. Cadrà una maledizione su quelli che hanno violato le loro promesse, venendo meno alla parola data e distrutto la dottrina delle Forze Armate.
Il popolo deve stare allerta e vigile. Non deve lasciarsi provocare, né lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le sue conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il suo impegno una vita degna e migliore.
Una parola per coloro che, definendosi democratici, hanno istigato questa sollevazione, per coloro che, definendosi rappresentanti del popolo, sono stati viscidi e hanno agito viscidamente per rendere possibile questo passo che fa precipitare il Cile in un burrone.
In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della patria io vi chiamo per dirvi di avere fiducia. La storia non si ferma, né con la repressione, né con il crimine. Questa è una fase che verrà superata, questo è un momento duro e difficile. È possibile che ci annientino, ma il domani apparterrà al popolo, apparterrà ai lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore. Compatrioti: è possibile che blocchino le radio e devo salutarvi. In questo momento passano gli aerei. È possibile che ci colpiscano. Ma sappiano che siamo qui, per lo meno con questo esempio, per segnalare che in questo Paese ci sono uomini che sanno mantener fede alle promesse che hanno fatto. E lo farò per mandato del popolo e per la volontà cosciente di un presidente che sente la dignità del proprio incarico.
Forse questa è l’ultima opportunità per rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Portales e Radio Corporaciòn. Le mie parole non contengono amarezza, ma delusione e saranno queste parole il castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento che hanno fatto, soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l’ammiraglio Merino che si è autonominato; il signor Mendoza, generale spregevole che fino a ieri ha manifestato la sua solidarietà e lealtà al governo e che si è nominato anche direttore generale delle Guardie.
Davanti a questi avvenimenti voglio dire ai lavoratori solo una cosa: io non mi arrenderò. Collocato in questa situazione storica io pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico che sono certo che il seme che depositeremo nella coscienza dignitosa di tanti e tanti cileni non potrà essere estirpato definitivamente.
Costoro posseggono la forza, potranno sottometterci, ma non è con il crimine, né con la forza che si guidano i processi sociali. La storia è nostra e la fa il popolo.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che sempre avete manifestato, per la fiducia che avete riposto in un uomo che si è fatto solamente interprete dei grandi desideri di giustizia e che ha impegnato la sua parola nel rispetto della Costituzione e della legge, e lo ha fatto. Spero che capiate la lezione.
Il capitale straniero, l’imperialismo, unito alla parte reazionaria, ha creato il clima nel quale le Forze Armate rompessero le loro tradizioni, quelle tradizioni che erano state di Schneider e che erano state ribadite dal comandante Araya, ambedue vittime delle forze sociali, della stessa gente che ora se ne sta in casa aspettando di riconquistare il potere attraverso degli intermediari per continuare a difendere i propri profitti e privilegi.
Mi rivolgo soprattutto alle semplici donne della nostra terra, ai contadini che credono in noi, agli operai che lavorano, alle mamme che conoscevano le nostre preoccupazioni per i loro figli. Mi rivolgo a coloro che esercitano professioni liberali e che hanno mantenuto una condotta patriottica, a coloro che già da qualche giorno lottano contro la sedizione promossa dalle unioni professionali, anche in questo caso per difendere i vantaggi che la società capitalista conferisce ad una cerchia ristretta.
Mi rivolgo ai giovani, a coloro che hanno cantato e hanno portato la loro allegria e il loro spirito di lotta; mi rivolgo all’uomo cileno, all’operaio, al contadino, all’intellettuale, a coloro che saranno perseguitati perché nel nostro Paese il fascismo già è stato presente molte volte negli attentati terroristi, facendo esplodere ponti, tagliando le reti ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, davanti al silenzio di coloro che avevano l’obbligo di procedere (…). Li giudicherà la storia.
Sicuramente Radio Magallanes è stata ridotta al silenzio e la mia voce non vi giunge più. Non importa, continuerete ad ascoltarmi perché io starò sempre con voi, per lo meno il ricordo di me sarà quello di un uomo degno che è stato leale con la Patria. Il popolo deve difendersi, ma non sacrificarsi. Il popolo non deve lasciarsi annientare, ma non si deve nemmeno umiliare. Lavoratori della mia Patria: ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno il momento cupo e amaro, quel momento in cui è il tradimento a voler imporsi. Dovete sapere che presto si apriranno grandi viali dove passerà l’uomo, libero di costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo, viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il sacrificio non sarà vano. Sono sicuro che, per lo meno, ci sarà una sanzione morale che castigherà la codardia e il tradimento…

Traduzione dallo spagnolo di ANTONELLA RITA ROSCILLI

Tale traduzione è tratta dal sito dell'ANPI.
Quello stesso 11 settembre, Victor Jara, straordinario cantautore cileno, venne sequestrato, condotto nello stadio di calcio che era stato adibito a "carcere" e torturato per 5 giorni (gli vennero anche rotte le mani in modo che non potesse più suonare), finché il 16 settembre non venne ammazzato. Pinochet e i suoi mandanti, infatti, avevano ben capito che una dittatura che vuol avere basi solide deve essere fondata sul silenzio: dei politici, ovviamente, ma anche dei cantanti, degli scrittori, degli intellettuali e dei giornalisti. Una cosa probabilmente ovvia, ma di cui ora, però, nessuno sembra più ricordarsene...


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