lunedì 14 febbraio 2011

Un uomo solo al comando

Nonostante i continui scandali di doping e le relative delusioni, non riesco davvero a disaffezionarmi a uno sport come il ciclismo, che mi appassiona ancora oggi così come quando ero bambino, perché è un mondo fatto di fatica, di solitudine, di agonismo, di passione e di tanto altro ancora.
Fatto sta che per gli appassionati di ciclismo, da 7 anni a questa parte, il 14 febbraio è ricordato soprattutto per essere l'anniversario della scomparsa di un grande campione come Marco Pantani.


Un corridore reso leggenda dalle proprie doti di straordinario scalatore, che ha saputo entusiasmare le folle con i suoi scatti generosissimi e bruschi, ma che non è mai forse riuscito a trovare il giusto equilibrio tra la vita privata e la propria professione, finendo col bruciarsi troppo presto. Pantani di certo non ha vinto tanto quanto altri campionissimi del ciclismo, ma le sue vittorie sono sempre state di una bellezza inaudita, ricche di sofferenza e passione. E soprattutto cariche di solitudine, condizione umana legata in modo indissolubile al ciclismo in generale, ma a Marco Pantani in modo ancor più particolare.

Per celebrarlo nel modo migliore, in fondo, è sufficiente ricordare imprese come le seguenti.





Su di lui se ne sono dette tante, buone o cattive, vere o false. Il mio consiglio è di leggere il libro/inchiesta Gli ultimi giorni di Marco Pantani del giornalista francese Philippe Brunel (edito da Rizzoli) che fa luce sugli ultimi mesi di vita del corridore e sulle misteriose circostanze della sua morte e allo stesso tempo ne traccia un profilo quanto mai lucido e imparziale.

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