giovedì 28 luglio 2011

Capitan America: Il primo Vendicatore

Di solito, quando vado a vedere un film tratto da un fumetto, parto da aspettative molto basse. A volte sono rimasto piacevolmente sorpreso, ma con Capitan America: Il primo Vendicatore questo però non è successo, visto che sono più (e più importanti) le cose che non ho apprezzato rispetto a quelle che mi sono piaciute.


Ho trovato interessante il fatto che Capitan America non combatta contro i Nazisti, nonostante l'ambientazione della Seconda guerra mondiale, perché questo ha di sicuro evitato un bel po' di retorica patriottica. In questa pellicola, infatti, Capitan America è costretto a combattere l'Hydra, cellula militare sotto il comando del Teschio Rosso che si ribella a Hitler (ma il motivo di questo, nelle due ore e passa di film, non è chiaro).
A fare da contraltare, però, c'è una sceneggiatura fiacca e banale, che dimostra un unico guizzo creativo nella fase intermedia del film (prima che Capitan America scenda in guerra). Nella trama non c'è tensione drammatica, non c'è un qualcosa che appassioni o che crei interesse (e quindi partecipazione) verso i personaggi. E poi in alcune occasioni sfida in maniera eccessiva anche la sospensione dell'incredulità. Brevemente, inoltre: regia pessima, montaggio altalenante, scene d'azione noiose (che per un film che su queste si basa è piuttosto grave).


Per quanto riguarda il cast, troviamo un banalmente ottimo Tommy Lee Jones, un'algida Hayley Atwell perfetta nei panni della bella di turno (che però è fortunamente lontana dal classico stereotipo della "damsel in distress" hollywoodiana) e un Chris Evans che visivamente sembra uno Steve Rogers perfetto, ma che risulta parecchio fuori ruolo (senza contare quanto sembri impacciato nel suo costume). E poi c'è Hugo Weaving, nei panni del Teschio Rosso, che ha cercato inutilmente di dare spessore a un personaggio eccessivamente monodimensionale, risultandomi un po' troppo sopra le righe.
Quello dei "nemici" è uno dei problemi principali del film. Senza vere motivazioni, sembrano cattivi solo per il gusto di essere cattivi (fino ad arrivare a uccidere i propri compagni solo per dimostrare di esserlo), finendo per ridimensionare anche il ruolo dei protagonisti positivi.


Questo ultimo aspetto è forse dovuto al fatto di voler dare al film un'atmosfera "vintage", comunque mal riuscita, per quanto mi riguarda. Per ottenere un buon risultato, avrebbero dovuto spingere fino in fondo, e non alternare vintage a modernità e infarcire il film di tecnologie che già adesso sarebbero fantascientifiche, figuriamoci 70 anni fa!
Insomma, un film deludente su quasi tutta la linea, che mi ha divertito solo nella parte in cui omaggia i fumetti da cui è tratto (e almeno così ho una scusa per metterci un'immagine di Jack Kirby).


Se dopo Thor ero più tranquillo, ora ritorno a temere un po' di più per il film dei Vendicatori. Anche se Joss Whedon alla sceneggiatura e alla regia dovrebbe essere una garanzia, nell'incertezza continuerò a tenere le dita incrociate fino a maggio 2012.

martedì 26 luglio 2011

Idiozie norvegesi, tra Feltri e Borghezio

Fosse stato islamico, Andres Breivik avrebbe messo d'accordo tutti, con la sua strage. Visto che si tratta di un estremista cattolico, invece, bisogna in qualche modo coprirlo e concentrare la discussione su questioni collaterali (e a volte insignificanti).

Vittorio Feltri, per esempio, dalle pagine del Giornale, ha dichiarato:

"Cinque, sei, sette, dieci, quindici persone, e tutte disarma­te, non sono in grado di annienta­re un nemico, per quanto agisca da solo, se questo impugna armi da fuoco.
Ma 50 – e sull’isola ce n’erano dieci volte tante – se si lan­ciano insieme su di lui, alcune di si­curo vengono abbattute, ma solo alcune, e quelle che, viceversa, ri­mangono illese (mettiamo 30 o 40) hanno la possibilità di farlo a pezzi con le nude mani."

Peccato che né Superman né Capitan America, nelle loro identità segrete, siano dei giovani laburisti norvegesi.

Dopo aver definito, pochi mesi fa, "un patriota" Ratko Mladić (il responsabile del massacro di Srebrenica e di svariati altri genocidi), invece, il parlamentare (quindi stipendiato da noi) della Lega Nord Mario Borghezio, ai microfoni di Radio24, ha detto:



Per il TG1 infine, la soluzione è semplice: è colpa dei videogiochi, ovviamente. Lo dimostra Virginia Lozito nel suo servizio:



Logico, no? Un tizio qualsiasi gioca a un videogioco e poi gli viene naturale uscire per strada ad ammazzare qualche centinaia di persone.
Come direbbe un mio amico, ormai la realtà ha superato la fantasia. Basterebbe definire Breivik per quello che è: un pazzo fottuto esaltato da distorte convinzioni religiose (in questo caso cattoliche).

lunedì 18 luglio 2011

Revisionismo

Come nei due anni precedenti (potete leggere le relative storie qui e qui), anche nel 2010 ho partecipato con piacere all'antologia a fumetti promossa da Radio Sherwood di Padova con una mia sceneggiatura.
Quella dello scorso anno si intitolava Global Warming e ovviamente si occupava di riscaldamento globale. Tema che io ho preso molto alla larga, occupandomi dei sempre frequenti pestaggi da parte di gruppi neofascisti ai danni dei poveri sventurati che gli capitano davanti. Ma è anche una riflessione metaforica sullo stato attuale della nostra società (il titolo dovrebbe suggerire meglio cosa intendo).
Il disegnatore di Revisionismo è Mauro Balloni. Ci conosciamo ormai da qualche anno, ma questa è stata la nostra prima (e spero non ultima) collaborazione, a lungo inseguita (almeno da parte mia, visto che ritengo Mauro un disegnatore davvero molto bravo).
Vi lascio alla storia, cliccate sulle pagine per ingrandirle!

Anche se ormai avete già letto la mia storia, vi consiglio comunque di recuperare il volume in cui è contenuta, perché ci sono alcuni contributi davvero eccellenti.

P.S. La storia è stata rilasciata con licenza Creative Commons.

venerdì 15 luglio 2011

Ipse dixit - Louis-Ferdinand Céline (2)

"Non credete mai di primo acchitto all'infelicità degli uomini. Chiedete loro se riescono ancora a dormire. Se sì, va tutto bene."
Louis-Ferdinand Céline


mercoledì 6 luglio 2011

Dylan Dog tra Vanna Vinci e Davide La Rosa

Di recente mi sono trovato a leggere due storie di Dylan Dog che mi hanno colpito per un motivo particolare: forniscono (in maniera diametricalmente opposta tra loro) un'interpretazione di un personaggio che ormai da diversi anni è diventato uno stereotipo racchiuso tra alcuni cliché immancabili.
La prima è stata realizzata da Vanna Vinci per il sesto Dylan Dog Color Fest, un albo interamente realizzato da donne. In questo caso, non è tanto la storia in sé ad avermi colpito quanto l'approccio con cui Vanna l'ha realizzata. E' raro infatti trovare un autore che non si faccia aggredire dal personaggio (ricadendo quindi in un semplice esercizio di stile). Questa è, infatti, a tutti gli effetti, una storia di Vanna Vinci, pur se incentrata su un personaggio riconoscibile.
E poi, le sue tavole sono davvero belle (cliccateci sopra per ingrandirle).

La seconda storia è stata pubblicata oggi (su Internet, però) ed è di Davide La Rosa, giovane autore umoristico che apprezzo da tempo. Davide fa parte del gruppo "Fumetti disegnati male". Non è un autore naif come potrebbe sembrare, sia perché il suo stile è davvero quello stilizzato (a dir poco) e fanciullesco che utilizza, sia perché il suo umorismo raggiunge a volte vette assolute di genialità.
La storia in questione si chiama "Apparizioni" e gioca molto su quei cliché di cui parlavamo prima, pur inserendoli all'interno di un contesto fatto di giochi surreali e inserti trash tipici dell'autore.
Per leggerla cliccate qui, intanto ve ne propongo il "frontespizio", in modo che abbiate chiaro lo stile di Davide.


Non fatevi ingannare, questo è davvero Dylan Dog! Anzi, ricorda le storie di Tiziano Sclavi più di tante altre pubblicate dalla Bonelli negli ultimi anni.
Già che vi trovate sul suo blog, approfittatene anche per leggere le altre sue strip, in particolare quelle su Dio, che io adoro!

lunedì 4 luglio 2011

Indignazione ad alta velocità

Sono indignato per le cariche della polizia, in Val di Susa, mirate a zittire il dissenso, come ormai è pratica comune, in Italia, da una decina d'anni a questa parte. Sono indignato per i metodi delle forze "dell'ordine", che lanciano lacrimogeni ad altezza d'uomo e torturano i malcapitati che passano sotto le loro mani (perché il potere dà alla testa, si sa).
Sono indignato anche per le reazioni di quotidiani e partiti, di qualsiasi schieramento, pronti a colpevolizzare gente che vuole solo difendere il proprio territorio in nome degli interessi di pochi, appoggiando le versioni ufficiali, senza rendersi conto che ormai è facile venire sbugiardati da un video (forse è per questo che vogliono censurare il web, no?).


Mi viene naturale ovviamente esprimere solidarietà per i ragazzi rimasti coinvolti e feriti per mano di tali bestie, ma la cosa che mi perplime di più è la totale mancanza di rispetto per i diritti civili dell'uomo. Ieri è capitato in Val di Susa così come poco meno di 10 anni fa era capitato a Genova. E sarebbe troppo semplicistico addossare il problema a poche teste calde.
Direi che il video che segue, che sta facendo il giro della rete, descrive al meglio quanto successo ieri.


Per quanto la vicenda nel complesso sia davvero allucinante, a colpirmi di più è il fatto che si siano fermati solo perché ci fossero intorno le telecamere, e non per altro. Perché questi "poverini" non hanno avuto la stessa fortuna degli assalitori di Federico Aldrovandi o di Stefano Cucchi, quella di ritrovarsi senza nessuna ripresa video che potesse condannarli, ahiloro.
E in questo clima mi tornano alla mente le parole di un brano di Frankie HI-NRG del 1993, Libri di sangue.